I terrapiattisti del “Questo il tuo commercialista non te lo dice…”
Secondo la relatività ristretta, spazio e tempo non sono assoluti: si dilatano, si contraggono, si intrecciano.
Tutto dipende dal punto di vista dell’osservatore. (l’ho imparato da S.C.)
Ecco, anche nella fiscalità tutto sembra relativo…
…finché non arrivi alla dimensione dei dichiarativi.
(A dire il vero, vale anche per i bilanci… anche se ancora oggi qualcuno pensa il contrario: la famosa dimensione degli “adeguati assetti”. Ma non voglio spoilerare la seconda stagione 😄)
Quando seguite il fuffaguru di turno – quelli delle spese creative, dell’alabarda spaziale della deducibilità totale, del raggio fotonico della detraibilità IVA – ricordatevi una cosa:
la realtà fiscale non è un multiverso.
Ogni spesa, ogni “trucchetto”, ogni trovata geniale… prima o poi finisce in un bilancio.
E lì iniziano a valere le prime leggi della fisica contabile.
Poi si passa – inevitabilmente – al modello Redditi, all’IRAP,
e per molti anche all’universo parallelo (ma rigidamente codificato) del modello ISA.
Ed è qui che entra in gioco anche la teoria delle stringhe:
perché anche lì, a ben vedere, tutto si riduce a una vibrazione fondamentale.
E nella nostra dimensione fiscale
(c’è, fatevene una ragione – no: la Terra non è piatta),
quella vibrazione… prende forma in un rigo. E quei righi, per quanto li possiate contorcere, piegare, spiegare,
non faranno mai quello che vi ha promesso il guru nel reel di turno.
È un attimo passare da 10 a 5 di affidabilità fiscale perché avete intestato il SUV alla società.
(“Ma come non lo sai, bro?”)
Ah, dimenticavo!
La prossima volta che il fuffaguru vi promette deduzioni galattiche o detrazioni quantiche, chiedetegli se è disposto a metterci il suo codice fiscale.
O magari a firmare col sangue, stile Game of Thrones, una dichiarazione o un bilancio,
dopo che avete usato lo “strumento magico” che vi ha consigliato.
Spoiler: non lo farà.
Perché nella fiscalità, il campo non è infinitamente lungo come quello di Holly e Benji.
Prima o poi, il limite arriva.
E, di solito… è un rigo.